Marshall Plan“Come salvare l’ Europa in 24 ore” titolammo quasi un anno fa la proposta di far stampare fino a duemila miliardi alla BCE, per finanziare tramite la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) un Nuovo Piano Marshall per gli investimenti produttivi ad alta efficacia nella riduzione della disoccupazione. Immaginavamo un comitato internazionale di esperti attribuire un ranking a tutti i progetti presentati dagli imprenditori e premiare i migliori ed i più credibili, a cominciare dall’ alimentazione energetica da fonti rinnovabili per ogni singola casa europea. Mario Draghi ha nel frattempo stampato più di 1.000 miliardi per darli alle banche e salvarle, peccato che nessuno di quei soldi sia arrivato all’ economia reale – il turbocapitalismo continua a vivere in un suo mondo surreale, come Alice nel Paese delle Meraviglie. Abbiamo già ricordato come il grande economista Minsky sottolineava l’ importanza della spesa per investimenti e per sviluppo delle risorse, da affiancare ad una aggressiva politica monetaria (“stampare i soldi”), evitando l’ errore di un approccio keynesiano focalizzato solo a rilanciare i consumi (le famose buche da far scavare ai disoccupati). Gli investimenti produttivi e ad alta produttività sono il modo più virtuoso, non inflazionario, di spendere i pezzettini di carta che chiamiamo denaro.  Un tale piano avrebbe contribuito anche a far tornare entusiasmo e fiducia tra la gente, oltre ad una rinnovata passione per il progetto di unità politico-economica dell’ Europa. Purtroppo, mediocrità ed egoismo dei leader e la complessità di negoziazioni ad un tavolo con 27 teste, hanno prodotto invece il contrario: povertà, disoccupazione, suicidi, fallimenti a catena, crescente sentimento negativo per l’ euro e per la UE.

È solo negli ultimi due mesi che si cominciano a registrare opinioni qualificate di economisti ed editorialisti, che vedono nella stampa di nuovo denaro e nella conseguente distribuzione di questo alle disastrate economie – il famoso “helicopter drop” – l’ unica soluzione rimasta, dopo aver sbattuto più volte la testa contro il muro con l’ imposizione di austerità e riforme. Monetizzazione del debito e revisione dei criteri di contabilità pubblica sono idee che vanno tutte nella direzione di una politica monetaria non ortodossa, che dovrebbe a nostro avviso essere obbligo morale dei capi di governo e delle rappresentanze parlamentari. È pensabile un radicale ripensamento delle politiche macroeconomiche da parte di Merkel, Hollande e – ancora per poco – Monti? È ipotizzabile un nuovo primo ministro italiano capace di avanzare una tale visione e convincere i suoi colleghi europei? La risposta è contenuta nella famosa metafora evangelica della cruna e del cammello – anche se pare ci sia stato un refuso tra i termini greci corrispondenti a fune (kàmilos) e cammello (kàmelos), il che spiegherebbe il bizzarro esempio narrato da Gesù.

Vogliamo quindi proporre una soluzione puramente italiana, sulla scia della tradizione di veneziani, fiorentini e genovesi, pionieri nel passato di radicali innovazioni nel mondo della finanza e della contabilità (i primi derivati furono introdotti dalla Serenissima per coprire i rischi dei lunghi viaggi delle navi). Nuova LiraL’ Italia dovrebbe introdurre una seconda moneta valida all’ inizio solo su territorio nazionale e paritetica rispetto all’ euro. L’ emissione di tale moneta verrebbe garantita dalle riserve auree della Banca d’ Italia (€ 100 miliardi ai prezzi correnti) e da altre poste dell’ attivo dello Stato (partecipazioni azionarie, immobili, ecc.), per eliminare da subito ogni possibile timore di perdita di valore nel tempo rispetto all’ euro, come già successo quindici anni fa tra peso argentino e dollaro. A nostro avviso la garanzia in beni reali non sarebbe necessaria, perchè l’ Italia – al contrario del paese sudamericano – è solida dal punto di vista macroeconomico, ma tanto vale (non costa nulla) eliminare in partenza ogni possibile critica. Bastano 100 miliardi della nuova moneta parallela per far ripartire economia ed occupazione con un Piano Nazionale per gli Investimenti, prestando i soldi agli imprenditori più capaci e con le idee migliori, e tramite riduzione di imposte e del cuneo fiscale. Lo Stato ha anche un altro strumento efficace ed immediato per mettere subito in circolazione la nuova moneta, utilizzandola per pagare gli stipendi pubblici. La soluzione della moneta parallela presenta l’ enorme vantaggio di non dover richiedere alcuna autorizzazione europea, nè dalla Comunità (non aumentiamo il debito pubblico espresso in euro), nè dalla BCE (non le chiediamo di stampare soldi), fin tanto che rimane all’ interno del circuito nazionale e gli asset in essa denominati non vengono riscontati dalle banche italiane presso la Banca Centrale Europea – anche se siamo convinti che altri paesi presto ci copierebbero e quindi ad un certo punto la BCE aprirebbe il meccanismo dei Repo. Non è ridicolo pensare che, in teoria, la nuova moneta potrebbe addirittura apprezzarsi rispetto all’ euro, essendo la prima supportata da riserve auree ed immobili, la seconda una pura “fiat money” basata sulla fiducia (che sta scemando, Cipro docet).

bitcoin logoLa teoria economica sui sistemi con doppia valuta è robusta e più di un osservatore propose per esempio una nuova dracma, da mantenere in parallelo all’ euro, per pagare stipendi e spesa pubblica in Grecia. L’ idea era di consentire al governo di Atene di tagliare prezzi e costo del lavoro per mezzo di una seconda moneta, svalutata rispetto all’ euro. L’ Italia non ha bisogno di svalutare i prezzi interni (basterebbe fare le riforme per ridurre le rendite oligopolistiche), ha solo urgente bisogno di stampare soldi per far ripartire domanda aggregata, investimenti ed occupazione – senza bisogno di chiedere il permesso a burocrati e partner europei.
La nuova moneta parallela italiana dovrebbe esistere solo in forma elettronica (virtuale), perchè tale scelta comporterebbe significativi vantaggi: 1) impossibilità di falsificazione; 2) immediata immissione nel circuito economico-finanziario del Paese; 3) perfetta tracciabiltà; 4) enorme passo in avanti tecnologico dell’ Italia, che potrebbe dar vita ad un’ esplosione di attività imprenditoriali legate ai sistemi di pagamento elettronici (oltre a far felici i produttori di Smartphones). L’ esempio da seguire è quello del Bitcoin, la più diffusa moneta virtuale del mondo, basata solo sulla fiducia (come tutte le monete, dal dollaro all’ euro) e resa incontraffabile da algoritmi criptografici e completezza delle sequenze transattive. Esistono circa 11 milioni di bitcoins in circolazione, con rapporto di cambio arrivato ora a 38 euro/bitcoin, sempre più negozi online ma ora anche offline li accettano, le prime banche hanno cominciato a consentire depositi in bitcoin per l’ emissione di carte di credito ed una start-up americana introdurrà quest’ anno i primi bancomat per convertirli dai dollari (leggi qui le recenti notizie sulla diffusione dei Bitcoin). Se dovesse servire per convincere anche i più diffidenti circa la potenzialità delle monete elettroniche generate fuori dal sistema delle banche centrali, è sufficiente leggere il rapporto dal tono – tra le righe – preoccupato della BCE.

La nostra proposta è di far introdurre dallo Stato Italiano una moneta elettronica parallela all’ euro, con rapporto 1:1 e garantita da asset pubblici e dalle riserve auree di Bankitalia. Si tratterebbe di una moneta nazionale forte e sicura, non creata dal malandato sistema bancario nostrano (che già fallì con l’ esperimento dei mini assegni) e da utilizzare per rilanciare economia ed occupazione. Una moneta che ridia fiducia e speranza ai cittadini, oltre che fungere da esempio per una way out innovativa alla crisi europea. Una moneta che vorremmo si chiamasse EuroLira.

 L’ immaginazione è più importante della conoscenza

(A. Einstein)