prugna seccaPrugna secca. Così, all’ improvviso, un’ immagine mentale  sembrata sbucar fuori involontariamente. Gli inglesi utilizzano la parola serendipity per descrivere l’ intuizione di un concetto che sorge spontaneamente dal subconscio per collegare pezzi di informazione. Sì, la metafora della prugna secca per descrivere l’ Italia di oggi pare proprio, pensandoci sopra, azzeccata. Un frutto una volta gustoso, rigoglioso, morbido e pieno di succhi, ridotto ora ad un residuo deforme e spolpato di tanta bontà. Come questa povera Italia, le cui ricchezze e bellezze sono depredate da troppe persone che hanno occupato oramai tutti i principali centri decisionali e quindi si è fatto ora “sistemico” lo spolpare la susina, sempre più secca. Negli ultimi tre anni, abbiamo potuto osservare diversi spaccati del Belpaese e grande è lo sconforto nel dover registrare lo stato di degrado istituzionale, di funzionamento dell’ amministrazione dei beni pubblici e – in sintesi – del contratto sociale alla base dello Stato Italiano. Troppe persone incapaci, raccomandate, troppe che ricevono compensi spropositati rispetto alle prestazioni, troppe le inefficienze che in un mondo globalizzato e stressato da una crisi ciclopica diventano all’ improvviso costosissime per chi (lavoratori e imprenditori) deve produrre ogni giorno quella ricchezza che i parassiti della prugna si mangiano con avidità.

Decine di miliardi percepiti ogni anno da pensionati che non hanno versato abbastanza contributi, la giustizia più lenta ed i magistrati più costosi d’ Europa, politici, funzionari ed amministratori pubblici in quantità spropositata e con stipendi medi assurdi (i famosi barbieri parlamentari), capaci solo di creare un numero abnorme di leggi (almeno 50.000, mentre la Germania ne ha un decimo) spesso incoerenti tra loro ed inutilmente vessatorie. Un notaio a Roma costa 2-3 volte quanto uno a Berlino, la quantità di avvocati è esorbitante (350 ogni 100 mila abitanti, contro 80 in Francia), l’ elettricità è tra le più care d’ Europa, così come per tante altre categorie merceologiche e di servizi per i quali non esiste vera concorrenza. Fare impresa – e creare quindi posti di lavoro – è diventato difficilissimo, tra estenuante burocrazia, tempi di attesa biblici, arbitrio normativo e costi elevati. Non è un caso che gli investitori stranieri si tengano alla larga dalla nostra penisola e che il fallimento dell’ hub Malpensa sia esemplare della miopia, impreparazione, corruzione e confusione diffusi come un virus su tutto il territorio nazionale. Imposte e tasse tra le più alte al mondo sono la naturale conseguenza della necessità di coprire tali costi in eccesso nel paese dei vitalizi, sia costi passati (che ancora oggi impattano attraverso la spesa per interessi sul debito pubblico) che presenti. La prugna secca è metafora anche di una popolazione sempre più vecchia, con i giovani e gli imprenditori che scappano dal paese natale appena possono e con prospettive di inesorabile declino, annientamento dei risparmi e terzo grado fiscale (basti pensare al redditometro con giustificazione delle spese) per chi rimane – giovani pigri inclusi. Chi riponeva speranza che la più grande crisi economico-finanziaria dal dopoguerra avrebbe forzato il sistema Italia a riformarsi (“you never let a serious crisis go to waste” – Wiston Churchill), così come la profonda sclerosi della Chiesa cattolica ha partorito la scelta di un Papa del cambiamento, è rimasto deluso.  Nulla è cambiato, gattopardi eravamo e gattopardi restiamo. Bernardo TanucciL’ Italia è un paese irriformabile e gli ultimi cinque anni  ne sono concreta dimostrazione. Riforma elettorale? Tagli al numero e costo di parlamentari, politici, amminstratori pubblici, province, enti locali, vitalizi, pensioni d’ oro, spese improduttive? Zero assoluto. E pensare che storicamente abbiamo testimonianza di personaggi italiani di spessore in grado di riformare il paese, compreso il “difficile” Meridione. Il primo ministro napoletano Bernardo Tanucci fu uno di questi: abolì i privilegi delle caste dell’ epoca nel Regno di Napoli, ridusse le tasse, attuò la modernizzazione del sistema legislativo (compresa la valutazione dell’ operato dei magistrati a fine mandato…).

Perchè dunque la palese incapacità dell’ attuale classe dirigente? Tre le ipotesi rimaste sul tavolo: 1) non abbiamo ancora toccato il fondo (ma poco manca); 2) si spera che altri facciano il “lavoro sporco” (la Trojka europea); 3) si procrastina il tutto finchè la Germania sarà costretta a decidere se far aprire i borsoni del denaro all’ Europa (monetizzazione dei debiti tramite BCE, eurobonds) oppure far saltare l’ euro. Nel frattempo, anche i moderati italiani preferiscono continuare nel letargo mentale e non prendere posizione.

Merkel Steinbrück TV-DuellS’ illude chi attende le elezioni tedesche del 22 settembre per leggere poi segnali di cambiamento della direzione del vento nelle parole di Frau Merkel (vincerà lei). Il duello televisivo tra la cancelliera e lo sfidante della SPD, Peer Steinbrück, è stato soporifero tranne quando si è parlato – brevemente – di Europa: mentre Steinbrück accennava, senza esserne veramente convinto, a difetti e limiti delle politiche di austerità imposte dalla Germania, la Merkel ribadiva il mantra degli ultimi quattro anni, ovvero che i paesi in crisi devono fare le dure ma necessarie riforme e che distribuire soldi vuol dire perpeturare la situazione di scarsa competitività di questi.  Nei sondaggi, i tedeschi sono ostili a trasferimenti europei e Angela Merkel continuerà anche dopo le elezioni a mostrare un volto neoliberale all’ estero e socialdemocratico in casa. La politica dei piccoli passi, del « wait and see», dello scienziato Merkel, consapevole che ci vorrà almeno una decade per far tagliare spesa pubblica e salari ai PIIGS, rischia di non funzionare, perchè « La Germania non sta ballando, sta sonnecchiando  su un vulcano » (Habermas). La ripresina economica è fragile, “jobless” ed il sistema finanziario globale rimane un gigantesco Ponzi scheme tenuto a galla dalle banche centrali. Non serve essere dei guru della macroeconomia per attribuire un’ alta probabilità a seri incidenti di percorso (tralasciando di considerare il rialzo dei tassi di interesse e un’ eventuale guerra multilocale scatenata dall’ intervento americano in Siria), che farebbero deviare il sistema da lenti ma progressivi aggiustamenti foucaultiani. Questi ultimi passano inesorabilmente per drastici tagli del costo del lavoro (la Natuzzi, ad esempio, si è dichiarata disponibile a rilocalizzare la produzione in Italia – dalla Romania – a patto che il costo del lavoro scenda da 92 a 50 centesimi al minuto), delle pensioni e dell’ assistenza sanitaria. L’ alternativa, tagliare la spesa improduttiva, ridurre imposte e costi di politica e burocrazia, pare – non solo in Italia – di difficile realizzazione. Le ovvie resistenze di lavoratori (“siamo pronti a mettere in campo gesti di difesa totale delle fabbriche e dei posti di lavoro”, Landini) e pensionati metteranno a nudo l’ insostenibilità del debito e sposteranno l’ onere dell’ aggiustamento sul riallineamento del valore delle monete (è sempre stato così nella storia degli ultimi 80 anni). Il popolo tedesco, posto di fronte alla scelta se continuare a far parte dell’ unione monetaria e quindi accettare lo sforamento dei parametri di Maastricht di sempre più paesi, un tasso di interesse tenuto artificialmente basso dalla BCE che sta mangiando i loro risparmi ed il ripianamento continuo e crescente (anche se pro-rata) del debito di Grecia, Portogallo, Spagna (ed altri), potrebbe scegliere di abbandonare l’ euro e reintrodurre – insieme a pochi altri paesi macroeconomicamente coerenti – una moneta nazionale. Significativa, a tal proposito, una recente intervista del consigliere economico del ministro delle finanze tedesco Schäuble, dal titolo “la Germania non potrà salvare l’ Eurozona“. La previsione è di un collasso di quest’ ultima e quindi il consiglio alla Germania di abbandonare la moneta unica.Quante poche persone lavorano in Europa

Gli italiani che non attendono altro per continuare a campare con il sistema attuale, corrotto e basato su rendite di posizione, potranno contare sul prolungamento della festa per alcuni anni. La prugna, però – in assenza di un profondo ribilanciamento del contratto sociale -, diventerà sempre più secca, finchè – per una popolazione in media sempre meno giovane – non potrà che espletare un’ unica finale funzione, quella tipicamente associata al suo nome e a tutti ben nota.

Niuna generazione ha mai veduto per tutto il suo corso la dolce pace; la guerra fu sempre l’arbitra de’ diritti, e la forza ha dominato tutti i secoli. (da Ultime lettere di Jacopo Ortis)

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