Foucault PendoloPerchè non scriviamo da due mesi, ci viene chiesto. I lettori a conoscenza del pendolo di Foucault, apprezzeranno il nostro recente silenzio.  Il famoso pendolo, ideato dallo scienziato francese per dimostrare l’ effetto della rotazione terrestre, abbisogna di un tempo non breve per svelare all’ ossevatore il deviare del suo movimento  dal percorso iniziale lineare e ripetitivo.  Piano piano, la punta del pendolo comincia a tracciare un nuovo solco, che si allarga poi sempre più, formando delle armoniche ellissi nel corso delle 24 ore successive. Eppur si muove, la terra.

Lentamente, anche il pendolo della macroeconomia mondiale modifica lo stato di (dis)equilibrio di partenza ed il nuovo percorso si delinea. Il quantitative easing, QE,  (volgarmente, stampare dollari) della FED e la pulizia dei bilanci delle banche americane stanno mostrando effetto, con la ripresa dell’ offerta di credito e quindi dei consumi e con i prezzi delle case in risalita. Il monte dei prestiti bancari a famiglie ed imprese è tornato al picco di ottobre 2008 ($ 7,2 trilioni) raggiunto in concomitanza del fallimento Lehman, anche se nel frattempo il totale dei depositi bancari è cresciuto di due trilioni di dollari, soldi freschi freschi di stampa della Federal Reserve e che non stanno confluendo nell’ economia reale (gli speculatori in Borsa ringraziano). prestiti delle banche USANon è tutto oro quel che luccica, come dimostrano il crescente numero dei riceventi sussidi alimentari (food stamps) e abitativi (housing vouchers), la bancarotta della città Detroit  e la qualità dei nuovi posti di lavoro (dal 2009, +1,3 milioni di nuovi posti part-time e solo 418.000 a tempo pieno). Ma viviamo in tempi di Realpolitik e quindi un occupato precario a salario minimo è meglio di un disoccupato.  Di bolla in bolla, lo zio Sam riesce sempre a ripartire – aiutato anche dall’ audacia tecnologica del fracking, ora premiata con l’ indipendenza energetica per le prossime decadi – anche se rimane la spada di Damocle di 1) non riuscire ad evitare la madre di tutte le bolle speculativo-finanziarie, con terribile implosione quando Bernanke dovrà decidere di  interrompere il QE (ma sarebbe un pazzo a farlo repentinamente); 2) un’ espansione del credito bancario che potrebbe prima o poi  far aumentare troppo la velocità di circolazione della moneta, con conseguente fuoriuscita del folletto dell’ inflazione dal vaso che i druidi della banca centrale pensano di poter controllare; 3) una ripresa dai piedi di argilla, perchè la domanda aggregata generata dal credito al consumo e dall’ “effetto ricchezza” dei prezzi crescenti di case e mercato azionario non crea posti di lavoro duraturi (abbiamo già visto questo film più volte negli ultimi 15 anni). Incrociamo le dita.

abenomics e le riformeIl Giappone ha lanciato la bomba nucleare della stampa di yen in formato XXL, con obiettivo dichiarato di far salire l’ inflazione e quello – non dichiarato – di svalutare la moneta.  La Borsa di Tokio è schizzata in alto, ma non è invece così chiaro se i rendimento del debito sovrano rimarranno appiattiti e se lo yen manterrà la svalutazione nei confronti del dollaro. I giapponesi stanno scherzando con il fuoco e stanno facendo da cavia per la “scienza” della politica monetaria: si può raddoppiare la base monetaria in due anni, senza terribili effetti collaterali? Il Paese del Sol Levante non aveva alternative, a motivo dell’ azzeramento del surplus commerciale negli ultimi tre anni, di un rapporto debito/GDP al 240% e dell’ invecchiamento della popolazione negli ultimi trenta, ma il dado è oramai tratto e potrebbe divenire la miccia che porterà all’ annientamento dei risparmi dei pensionati nipponici e, a catena, ad un riallineamento globale delle monete con una nuova Bretton Woods. Non è forse un caso che gli scienziati del Giappone siano all’ avanguardia nelle tecnologie robotiche per l’ assistenza agli anziani, mentre i paesi asiatici vicini di casa sono gialli di rabbia (…) per il giochino sporco del beggar-thy-neighbour (“frega il tuo vicino”).  Da notare, infine, come le annunciate velleità riformiste del primo ministro Abe sembrino essere già rimaste – prima ancora di cominciare – uno spot commerciale, come in Francia e in Italia.  Nessun cambiamento socio-economico pare possibile nelle democrazie vecchie (per via dell’ età della popolazione) e corrotte da troppe posizioni di rendita non scardinabili pacificamente, mentre i giovani non sembrano avere il coraggio dei loro coetanei in Turchia nel reclamare ad alta voce un futuro diverso da quello pensato dalle cariatidi al potere.

letta_merkelSe i pendoli americano e  giapponese fanno intravvedere il nuovo percorso del loro movimento, il pendolo europeo sembra rimanere ancora nel tracciato iniziale, ancorchè – pure lui – cominci a risentire della rotazione dell’ economia globale. Nonostante i principali numeri macroeconomici siano peggiorati nel primo trimestre dell’ anno e la recessione verrà registrata a livello di Eurozona anche nel secondo, gli indicatori di tendenza ed i primi timidissimi passi per liberare risorse da destinare a crescita ed occupazione dovrebbero poter far tornare qualche raggio di sole dopo le torrenziali piogge di questo mese. I più scettici citano la famosa frase dei mercati finanziari, ovvero che “anche un gatto morto rimbalza se viene fatto cadere da abbastanza in alto” e doverosamente ricordano che fintanto che i bilanci delle banche europee non verranno ripuliti dagli impieghi “tossici”, così come fatto in USA, credito, consumi ed investimenti non potranno ripartire . È vero, ma ci sentiamo di poter affermare che la probabilità di scenari catastrofici (break-up dell’ euro, default di stato, populisti “pazzi” al governo, violenze di piazza) si sia ridotta. Draghi ha ribadito che prima di perdere il suo posto di lavoro, ovvia conseguenza di un’ eventuale disgregazione dell’ euro, schiaccerebbe il pulsante per comperare tutti i titoli di debito sovrano di tutti i paesi. I mercati gli hanno creduto e gli spread sono scesi, dando sollievo ai bilanci di Italia e Spagna. Frau Merkel ha dimostrato con i fatti che la Germania non vuole che nessuno abbandoni la moneta unica, salvando (con i soldi di tutti gli europei) prima la Grecia e poi Cipro. Rajoy, Monti e Papandreu hanno evidenziato come la soglia di tollerenza alla sofferenza economica ed alla tassazione dei popoli sia più alta di quanto si pensasse: gli indignados hanno praticamente levato le tende, all’ ultima dimostrazione ad Atene non c’erano più di 1.500 persone e gli italiani continuano ad interessarsi più di Ruby che di linciare gli amministratori locali rei di aver rubato anche l’ ultima lampadina. Il voto di protesta? Vale in vari paesi al massimo il 25% e non basta per governare, oppure i cittadini nauseati e sconsolati – colpevolmente – si astengono. Gli ammortizzatori sociali ed i risparmi della generazione passata (panem), così come televisione e smart phones (circenses) tengono a bada il temperamento delle masse – le guerre e le rivoluzioni, nell’ anno 2013, hanno premesse ben diverse da quelle di sessanta anni fa. La prospettiva europea è quella di una decade di lenti, forse lentissimi, aggiustamenti, proprio come il pendolo di Foucault.

Renzi FonzarelliIn tal contesto, la classe dirigente italiana ha rinunciato a priori ad ogni afflato riformatore e a qualsiasi ambizione di un piano strategico economico-sociale per far tornare ad antico splendore il Paese che inventò cultura e civiltá quando intorno circolavano ancora i barbari a cavallo. I giochi decisivi si fanno altrove, sembrano pensare lo stuolo di ottuagenari, nipoti-premier e novelli Arthur Fonzarelli della politica italiana, tanto vale quindi non prendere alcuna decisione e posticipare il più lungo possibile le ulteriori dolorose mazzate all’ economia (IMU, IVA, nuova manovra). Che Frau Merkel vinca le elezioni a settembre e poi si vedrà, quanto resisterà nel non allargare i cordoni della borsetta.  Meglio quindi concentrarsi sulle faide all’ arma bianca per la protezione dei privilegi acquisiti (poltrone, vitalizi, potere) e delle rendite di posizione (rimaniamo una delle nazioni europee con il costo della vita più elevato, dall’ energia alle parcelle di geometri ed avvocati).

Se il pendolo par non muoversi nemmeno in Francia, altro paese ingessato come il nostro, la Germania sta decisamente portando avanti, con la solita determinazione di chi sinceramente crede nelle proprie ragioni, il suo disegno strategico per la Nuova Europa, con i contorni delle ellissi foucaultiane ora più evidenti:

Piano per la risoluzione della Krisi europea e creazione della Bundesrepublik Europa (liberamente tratto dal diario segreto di Bridget-Angela Merkel)

STEP 1: Aumento dell’ imposizione fiscale e riduzione della spesa pubblica nei PIIGS tramite i liquidatori fallimentari Monti, Rajoy e Papandreu + fiscal compact = riduzione di deficit e spread, conseguente stabilizzazione finanziaria. Post scriptum: non ha  funzionato, ho dovuto telefonare all’ altro Mario (Draghi) e dirgli di dichiarare il famoso bluff (“whatever it takes”).

STEP 2. Deflazione salariale, tramite decrescita e disoccupazione, nei paesi gonfiatisi a dismisura nell’ ultima decade e non competitivi sui mercati extra-EU oppure troppo costosi come fornitori per le aziende tedesche. Missione compita per Grecia, Spagna, Portogallo. Work-in-progress (paesi recidivi): Italia e Francia. Importante risultato raggiunto nel frattempo: riequilibrio della bilancia dei pagamenti (per mettere in sicurezza le banche tedesche) tramite compressione della domanda aggregata e quindi del volume delle importazioni. Sehr gut.

STEP 3: bloccare i tentativi della BCE di fornire liquidità ai PIIGS, altrimenti non faranno mai le riforme dolorose ma necessarie come abbiamo dovuto fare noi con l’ agenda 2010. Iniziare attività di finanziamento da banche tedesche, acquisizioni da parte di nostre imprese e incentivi per l’ immigrazione di talenti nella Bundesrepublik, per trasformare la periferia europea in strutture satellitari al servizio delle grandi aziende tedesche volte all’ export extra-UE. Ha già funzionato molto bene con i Paesi dell’ est, funzionerà anche questa volta. (devo ricordarmi di dire a Jens Weidmann di fare la faccia più feroce, l’ ultima volta sorrideva troppo per i miei gusti.

WorldPopulationGrowth2050 «Gli Stati sovra-indebitati devono fare le riforme seriamente, come le ha fatte la Germania nel 2003», continuano a ripetere i tedeschi, consapevoli che un’ Europa con paesi membri ad indebitamento e costo del lavoro elevati, bassa produttività, significativi tassi di corruzione, evasione e burocrazia, welfare troppo generoso, non ha nessuna chance di sopravvivere in un mondo – oramai vicino – sempre più affollato di persone più giovani dei cittadini europei. Chi ancora non ci credesse, si legga l’ ultimo rapporto dell’ ONU, che stima una popolazione globale di 9,6 miliardi nel 2050, con grande sorpresa degli esperti che hanno registrato negli ultimi anni un tasso di natalità in decrescita meno accelerata di quanto stimato precedentemente. La popolazione nigeriana supererà quella americana già nel 2050 ed il bacino planetario di “cheap labour” sarà immenso, con buona pace dei lavoratori italiani che ancora credono di poter mantenere i diritti acquisiti.

La Germania ha ragione nel merito ed ha di fronte “interlocutori gracili di visione e di idee prima ancora che fragili in economia” ma sbaglia, a nostro avviso, nel metodo. La riluttanza  dei tedeschi nell’ assumere il ruolo di egemone illuminato, potrebbe far tornare indietro il pendolo della storia, così come quello di Foucault torna, dopo 24 ore, alla posizione di partenza. Solo tardivamente, gli osservatori si accorgono che il senso di cambiamento suggerito dalle ellissi del pendolo è una mera illusione.