Se Luigi Pirandello fosse ancora vivo, non troverebbe alcuna difficoltà nell’ inscenare di getto un moderno pezzo teatrale basato sulla sua famosa novella il giuoco delle parti. La commedia in atto in Europa è sicuramente degna della fantasia del maestro siciliano e solo per amore di brevità lasciamo ai lettori il gusto di ripartire i ruoli di Leone, Silia e Guido tra alcuni dei leader europei.

I protagonisti apparenti sono sempre gli stessi: Merkel, Sarkozy, Monti, Draghi. Quelli effettivi sono invece gli Stati Uniti e – sopratutto – “i mercati” (51.000 miliardi di dollari di shadow banking avranno pur una qualche importanza). Il prologo della storia è noto: negli ultimi 40 anni abbiamo prosperato anticipando il futuro, grazie alla grandiosa invenzione del credito generato dal nulla, stampando moneta “out of thin air”. La crescita così indotta si credeva (da cui la parola credito) illimitata e infinita; in realtà l’ enorme leva finanziaria ha raggiunto il limite quando invece di anticipare guadagni di produttività (investimenti, tecnologie) e da futuro lavoro (crescita della popolazione), ha anticipato consumi (privati e pubblici) non ripagabili. Tutti hanno partecipato a questo grande casinò, dove ognuno sembrava vincere. I contadini cinesi che potevano lasciare la campagna spezzaschiena e di stenti, per migliorare la qualità di vita lavorando nelle fabbriche di prodotti per i consumatori americani; la massa di cittadini US che consumavano beni (made in Cina) acquistati con credito bancario; i banchieri americani eccitati nel pagarsi bonus stellari, per aver cartolarizzato (e venduto al governo cinese e alle Landesbanken tedesche) enormi pacchetti di crediti per il consumo e per la costruzione di case di concittadini quasi nullatenenti; le imprese tedesche (e i loro lavoratori) felici di vendere panzer in Grecia e BMW in Francia; vari governi italiani che emettevano sempre più debito, per alimentare infiniti rivoli clientelari, falsi invalidi e cricche varie. I debiti prima o poi vanno ripagati e la recessione che ne segue non ha natura ciclica, bensì “giapponese” (balance sheet recession). Il perchè non ne siamo ancora usciti e la cacofonia delle soluzioni proposte, sono ben sintetizzati nella famosa intervista di Richard Koo, del Nomura Research Institute.

I debiti si riducono notoriamente solo nei seguenti modi: a) si ripagano; b) non si ripagano (default); c) se ne riduce il valore reale facendo crescere i prezzi (inflazione). I creditori (in Europa la Germania), come nella famosa commedia di Shakespeare, vogliono sempre essere ripagati e chiedono quindi sacrifici (tagliare le spese) ai debitori, che  – sempre nel gioco delle parti – fanno spesso finta di accettare le imposizioni dei primi e si inventano mille scuse per giustificare lo status quo. Monti alla Merkel: “abbiamo approvato tagli e riforme, ora tocca all’ Europa far abbassare i tassi di interesse”. Riforme? Quali riforme?  A tutti stanno antipatici notai esosi e tassisti scostumati, ma il problema del debito non si risolve senza crescita robusta –  difficilmente immaginabile dalla liberalizzazione di farmacie, ordini e acqua potabile. Nel 2012 i principali governi europei dovranno rinnovare più di mille miliardi di debito sovrano (€ 337 miliardi solo per l’ Italia). In una situazione economica recessiva e con debiti che in realtà andrebbero ridotti, chi li comprerà e a che tassi? I mercati e i tedeschi stanno dando chiare risposte: la Grecia è oramai fallita e uscirà forse dall’ euro (le banche tedesche non sono preoccupate, quelle francesi sì); l’ Italia paga tassi del 7% sui BTP e il sospetto che la tattica della Germania sia quella di tenere sotto pressione i paesi “mediterranei”, affinchè non si rilassino nei loro sforzi di riforma, è probabilmente fondato. Quale è invece il gioco della BCE? Stampa soldi per darli alle banche e per comperare titoli italiani e spagnoli nel mercato secondario. Le banche non utilizzano i denari nè per ridare fiato a imprese e famiglie, nè per comperare titoli di stato e li ridepositano pari pari alla Banca Centrale. Non sarà che vogliono forzare la mano per mitigare i nuovi requisiti di capitalizzazione e la – questa sì, sciocca – nuova regola di accantonamento prudenziale sui debiti sovrani? Perchè Draghi non fa abbassare lo spread (basterebbe solo un suo annuncio)? Forse il suo amico Monti ha ancora bisogno di “pressione esterna” sui recidivi parlamentari (e cittadini) italiani? Un pò per volta, bastone e carota. Giovedì scorso il professor Mario ha illustrato alla Merkel le manovre fatte e questa si è detta impressionata; il giorno dopo i giornali hanno festeggiato il minor tasso per il rinnovo di titoli italiani a breve e medio termine.

Venerdì sera l’ agenzia di rating S&P ha declassato nove paesi europei, l’ Italia allo stesso livello del Kazakistan e la Francia che perde la tripla A. Agenzie eterodirette? Cospirazione degli americani, che non vogliono un euro forte? Punizione dei francesi, ancora restii a cedere sovranità nazionale al nuovo “fiscal compact” europeo? Accerchiamento dei tedeschi, ora sì costretti a salvare la moneta unica? Telefonata di Draghi in America, perchè l’ accordo (in negoziazione) sulla riduzione degli stock di debito si sta annacquando? In realtà, la revisione al ribasso di molti rating europei era già stata annunciata da S&P a inizio dicembre e i mercati finanziari lo avevano già scontato, come parrebbe dimostrare l’ effetto praticamente irrilevante su borse e spread.

Wolfgang Reitzle, CEO della Linde, uno dei più grandi gruppi tedeschi, ha di recente dichiarato che se i paesi mediterranei non dovessero implementare le riforme necessarie, alla Germania converrebbe uscire dall’ euro e riemergere – dopo non più di cinque anni di crisi – ancora più competitiva di prima. Il gioco delle parti prosegue, Pirandello farebbe i salti di gioia.