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La banca centrale americana ha annunciato ieri che manterrà invariati i tassi di interesse almeno fino al 2013.  Dietro questa comunicazione apparentemente  poco significativa, si nasconde il rullo di tamburi della terza tornata di QE, il quantitative easing – ovvero la stampa di nuove centinaia di miliardi di dollari tramite l’ acquisto di titoli del debito pubblico. Considerato che anche i precedenti aumenti della base monetaria (QE1 e QE2) non hanno sortito l’ effetto sperato di crescita reale dell’ economia e di riduzione della disoccupazione, la guerra sarà combattuta tramite la conseguente svalutazione del dollaro e la riduzione del debito via inflazione. Come ebbe a dire John Connally, ex segretario al Tesoro USA, “Il dollaro è la nostra moneta, ma è il vostro problema”.

Non sorpende che l’ enorme liquidità immessa sul mercato negli ultimi due anni dalla Federal Reserve non sia riuscita a generare domanda aggregata e posti di lavoro. La crescita del PIL americano era basata prevalentemente sui consumi dei cittadini, finanziati da debito (spesso garantito da immobili sopravvalutati). Con lo scoppio della bolla immobiliare e milioni di persone con casa ipotecata, debiti e spesso senza lavoro, perchè mai queste dovrebbero ricevere ulteriore credito bancario e per comperare poi cosa, l’ iPAD 2 prodotto in Cina?

L’ intero modello economico costruito negli ultimi 40 anni è saltato e ora, dopo il salvataggio keynesiano tramite gli Stati, il livello dei debiti pubblici è arrivato al limite di guardia. La macchina dell’ economia mondiale si è però questa volta inceppata e non ritorna a crescere – le cause profonde di questo, gli squilibri tra le bilance dei pagamenti e le disuguaglianze reddituali, saranno oggetto di prossimi post – e gli Stati non possono più tenere a galla il sistema con i soldi pubblici.

Nel passato la soluzione era quella della svalutazione competitiva della moneta, per “catturare” domanda esterna tramite le esportazioni di beni e servizi, a spese dei paesi importatori.  Tali politiche di beggar-thy-neighbour (“frega il tuo vicino”) funzionano quando i paesi “vicini” prosperano e quindi possono compensare la carenza di domanda interna dei paesi in crisi. La differenza fondamentale di questa crisi è che tutti i principali paesi industrializzati sono in crisi e quindi tutti provano a svalutare. È la “guerra delle monete“, come ha detto il ministro delle finanze brasiliano, preoccupato di rimanere con il cerino in mano di un real troppo forte.

La banca centrale di Inghilterra ha presentato oggi le ultime stime su crescita e inflazione nei prossimi mesi. Crescita praticamente inesistente e inflazione al 4%-5% o superiore. Il Regno Unito è, in piccolo, come gli USA: bolla finanziaria, alto debito emesso in moneta propria. Hanno fatto il QE, la sterlina si è svalutata e l’ inflazione è aumentata. Non hanno risolto i problemi e non hanno ridotto la disoccupazione. Anche la banca centrale giapponese cerca di non far apprezzare troppo lo yen, mentre i cinesi hanno fatto della sottovalutazione del renmibi il loro modello di crescita e non lo possono cambiare in tempi brevi.

Cosa farà la BCE? Se fosse costretta, per salvare l’ euro, a comperare in grande stile – e senza sterilizzazione, perchè impossibile su grandi volumi – il debito pubblico dei paesi mediterranei, anche i cittadini europei si troverebbero nella stessa situazione di quelli americani e inglesi. Come dicono questi ultimi, it’s going to get very ugly.

La crescita reale e sostenibile non verrà dal trucco contabile con le monete, bensì da una ristrutturazione del debito (risanamento) e da un ribilanciamento dell’ economia mondiale (rinascimento), temi da approfondire su questa piattaforma.