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Le mamme di una volta, quelle del dopoguerra, erano donne pragmatiche, lavoravano molto, a casa e fuori, per costruire il futuro dei figli e non avevano tempo da perdere. Quando il figlioletto faceva troppo il monello, per esempio rubacchiando per l’ ennesima volta nel cortile della vicina, la mamma di una volta lo prendeva per le orecchie e gli tirava due ceffoni. Poi, sempre tenendolo per le orecchie, lo trascinava dalla vicina a scusarsi e a restituire il maltolto, con la promessa di non farlo mai più.

Giovedì scorso, il ganese Kweku Adoboli è stato arrestato per aver fatto perdere due miliardi di dollari alla banca svizzera UBS, facendo trading di ETF e prodotti derivati nella divisione “Delta-one”. A parte il nome ridicolo da comitato dei servizi segreti di tale divisione, la notizia fa riflettere per un semplice motivo: le banche di tutto il mondo continuano imperterrite, a tre anni dalla crisi scatenata dal loro comportamento irresponsabile, a giocare alla roulette con i soldi dei contribuenti. Se la UBS fosse una pura banca d’ investimento, senza parte commerciale – che concede crediti a imprese e consumatori – e facesse scommesse finanziarie azzardate solo con i soldi di investitori privati, nessuno avrebbe di che ridire. Le eventuali perdite sofferte sarebbero un’ affare privato di tali investitori, così come quelle subite da chi decide di trascorrere una notte al casinò.  Non è così, se i banchieri giocano facendo “leva” sui soldi dei depositanti della parte commerciale e su ulteriori debiti verso parti terze; in questo caso, la perdita colossale andrebbe a inficiare la capacità di restituire i risparmi dei cittadini depositati in banca e di ripagare i debiti. La banca fallirebbe, mettendo a repentaglio la solvibilità di altre banche controparti; lo Stato sarebbe obbligato a intervenire per salvare la banca – con i soldi dei contribuenti – e impedire il tracollo dell’ intero sistema economico-finanziario. Vi pare una storia nota? A parte Lehman Brothers, la stessa UBS fu salvata nel 2008 con 60 miliardi di soldi pubblici.

Un professore e un hedge fund manager hanno calcolato – su dati ufficiali – che negli ultimi cinque anni i banchieri americani si sono portati a casa duemila miliardi (!) di dollari, tra compensi fissi e bonus; hanno intititolato il loro articolo “il grande furto“. Avremmo sperato, dopo tali eventi, di vedere i leader politici in azione come le mamme di una volta: due sonori ceffoni ai banchieri e via subito alla restituzione dei bonus del passato, chiaramente immeritati. Ci saremmo anche aspettati, per evitare il ripetersi delle malefatte, atti legislativi volti a  costringere la scorporazione  dell’ investment banking dalle banche commerciali, oltre all’ introduzione di sistemi di controllo più rigorosi, di requisiti di bilancio per ridurre la leva finanziaria, così come di forte revisione dei sistemi di compensazione dei manager delle banche. Gli istituti di credito sono infatti, per la funzione creditizia da loro svolta, molto più simili a delle utilities – come acqua e luce – che a delle corporation quotate in borsa che ogni trimestre devono dimostrare agli azionisti di aver guadagnato più soldi. Con poche eccezioni, nulla di tutto ciò è avvenuto e i banchieri hanno subito trovato il modo di aggirare le poche nuove regole introdotte. Si continua come prima: orge di scommesse ad altissimo rischio, bonus a livelli pre-crisi, insofferenze e pesanti attività di lobby alla minima regolamentazione, come la recente esternazione al riguardo di Basilea III.

Riformare il sistema bancario è materia complessa: la funziona creditizia deve essere pubblica o privata? Quante banche e quali dimensioni massime? mamma monelloChe tipo di governance? Quanta capitalizzazione e leverage? Possono le banche quotarsi in borsa, oppure è meglio sottrarle alle pressioni di breve termine? A queste e molte altre domande, la politica internazionale dovrebbe dare risposte in tempi brevi, onde evitare che una crisi non utilizzata, sia una cattiva crisi (“never waste a good crisis”). Nel frattempo, qualche bel ceffone – per esempio, un’ imposta straordinaria su utili e bonus pagati dalle banche –  potrebbe servire a dare il segnale giusto ai banchieri, così come gli schiaffoni dati dalle mamme di una volta al momento giusto, erano utili per far tornare i figli sulla retta via.