Il finale d’ anno ispira il tornare a guardar la luna per un momento, altrimenti si rischia lo strabismo intellettuale a forza di mirare sempre solo il dito. Larry Summers, ex segretario del tesoro americano, ha di recente puntato il dito sugli scenari di sviluppo dell’ economia statunitense e di quella globale, avvertendo il rischio di una stagnazione secolare. Perchè, infatti, a quattro anni dalla stabilizzazione del sistema finanziario la percentuale di persone che hanno lavoro (rispetto alla popolazione attiva) è rimasta uguale? Perchè dopo il crollo del PIL, questo non è tornato a crescere fortemente recuperando le posizioni perdute, nonostante l’ enorme massa monetaria emessa dalla FED e gli imponenti deficit da spesa pubblica? E come mai anche durante le bolle finanziarie pre-crisi (dot-com, immobiliare), domanda aggregata ed occupazione non sono realmente aumentate? La tesi di Summers (e di altri economisti) è che in realtà nell’ ultima decade le prospettive di rendimento medio di nuovi investimenti sono decresciute fino a diventare negative nelle economie avanzate e la recente crisi è nata dagli eccessi dei mercati finanziari, a loro volta scaturiti come risposta a crepe strutturali pre-esistenti. La conclusione, dice Summers, è che ci attendono decadi di stagnazione.
La luna che Summers descrive in termini macroeconomici, si può raccontare anche in maniera più vernacolare. Non usciremo da questa situazione di crisi, intesa come languida crescita di prodotto interno lordo reale e di occupazione, perchè in realtà le ricche e sazie civiltà occidentali sono giunte ad un punto di flesso nel loro percorso di sviluppo. Il benessere collettivo che abbiamo raggiunto è inaudito per chi conosce dai libri di storia come vivevano i nostri avi: la società industriale ci sfama quotidianamente attraverso “ogni ben di Dio” nei supermercati, anzi siamo pure in media troppo grassi; abbiamo vestiti alla moda (anche i meno abbienti, grazie a gruppi industriali come Zara), viviamo a lungo in salute, ci spostiamo in auto, aeroplani e trasporti pubblici, abitiamo in case riscaldate d’ inverno, andiamo in vacanza, se ci brucia la casa la possiamo ricomprare grazie all’ assicurazione e siti come Youporn soddisfano le esigenze dettate dagli ormoni anche di quelli meno abili nella conquista del partner. E siccome ci avanza pure del tempo, facciamo sport, guardiamo la televisione, giochiamo i videogames e spendiamo sempre più ore su Facebook ed in rete. L’ ulteriore crescita della domanda aggregata non può allora che passare – in assenza di crescita della popolazione – attraverso il marketing ed il consumismo di beni vebleniani (voluttuari, per semplificare). Tale domanda deve però essere macroeconomicamente alimentata dal credito (debito) e quindi dalle bolle finanziarie, che prima o poi scoppiano. L’ unica alternativa meno effimera per la crescita sono i guadagni di produttività derivanti dal progresso tecnologico (oltre a quello organizzativo) che, distribuiti poi all’ intero sistema economico, ne fanno salire il livello. L’ automobile rispetto al cavallo, l’ energia elettrica, il computer, la catena del freddo per il trasporto alimentare, sono esempi evidenti. Ma se l’ innovazione crea macchine, robot e tecnologie – come Internet – che aumentano la produttività perchè consentono la sostituzione del lavoro umano, questo – a parità di altri fattori – crea nel tempo disequilibrio tra domanda ed offerta aggregata. Vale la stessa logica per un paese (USA) che genera “produttività” per i propri cittadini attraverso la sostituzione della produzione locale con i prodotti importati da un altro paese (Cina) low-cost. I primi sono felici di poter comperare molti più beni con lo stesso dollaro, ma dopo arriva il conto dei posti di lavoro perduti. La luna è anche questa, ovvero il massiccio impatto del risveglio economico del paese della Gran Muraglia – a tutti piaceva guardare solo il dito dei prodotti cinesi a prezzi imbattibili.
Se è vero che questi ragionamenti vengono resi meno lineari da un mondo dinamico, dove – per esempio – i paesi emergenti creano con la loro crescita opportunità di lavoro per le imprese delle economie avanzate e l’ indebitamento degli stati può spostare in avanti di decadi il giorno del giudizio per i sistemi economici che non si adeguano ai cambiamenti (ci fischiano le orecchie), vale comunque l’ osservazione che forse l’ accumularsi degli effetti dei seguenti trend storici potrebbe spiegare lo scenario di una prossima stagnazione secolare: 1) saturazione dei bisogni primari e di gran parte di quelli secondari delle popolazioni delle società occidentali; 2) crescente tasso di automazione dei processi produttivi; 3) l’ arrivo negli ultimi 30 anni sul mercato del lavoro globale di quasi un miliardo di nuove persone dai paesi emergenti; 4) globalizzazione dei flussi finanziari; 5) età media sempre più elevata delle popolazioni di molti paesi. In tale contesto, si comprende allora l’ ipotesi di aspettative di tassi di rendimento negativi per gli investimenti in Europa ed America.
Jeremy Rifkin, noto saggista americano (il secolo biotech; la fine del lavoro; la terza rivoluzione industriale), propone un angolo visuale diverso dello stesso problema. La società moderna è giunta o è prossima al picco dei consumi di energia fossile, i cui costi crescenti di estrazione, le disponibilità calanti ed il raddoppio atteso dei prezzi nei prossimi venti anni, causeranno enormi conflitti su scala planetaria (non dimentichiamoci che saremo quasi 10 miliardi di persone nel 2050) e la fine del mondo industrializzato così come lo conosciamo. La costante crescita del consumo di petrolio negli ultimi cinquant’anni ha consentito il forte sviluppo dal dopoguerra ad oggi ma il mondo si trova ora probabilmente ad un bivio. Continuare con il corrente modello economico-sociale, ovvero il petrolio come primaria fonte energetica, la crescente robotizzazione del lavoro, il capitalismo finanziario non regolato, nuovi miliardi di giovani lavoratori low-cost ed un tasso di inquinamento ambientale che si avvicina al punto di non ritorno. I catastrofisti prevedono l’ estinzione della razza umana entro la fine di questo secolo, tutti gli altri hanno gioco facile nel presagire guerre, crollo della civiltà e barbarie. Il percorso alternativo per il mondo è figlio del pensiero positivo: le energie alternative, le innovazioni tecnologiche per accomodare e sfamare senza conflitti tre miliardi di nuove persone ed un modello sociale che ricorda quelli idealistici ipotizzati già nel passato, con le fabbriche automatizzate di proprietà comune che producono tutto ciò di cui i cittadini hanno bisogno, lasciando a questi una quantità enorme di tempo libero da dedicare ad hobbies, famiglia, pensiero conoscitivo, vari svaghi amorosi e ludici (“The rest of the day could be devoted to the pursuit of science, painting and writing” – Bertrand Russell, In praise of idleness).
In un recente documento del Fondo Monetario Internazionale, viene caldeggiato un modello di governance mondiale per porre fine agli egoismi nazionali, che rendono impossibile il coordinamento delle politiche – economiche, finanziarie, delle risorse – necessarie a mantenere il benessere e la pace tra le persone. Conoscendo la storia degli umani, non c’è da stare molto allegri, ma è Natale e nel lieto fine è lecito sperare.
The full employment policy by means of investment… You can produce the result just as well by consuming more or working less. Personally, I regard the investment policy as first aid.…Less work is the ultimate solution.
John Maynard Keynes, “economic possibilities for our grandchildren” (1930)